un ragazzo e una ragazza che cucinano insieme

Cooking therapy e problem solving strategico

Come migliorare sul lavoro traendo ispirazione dalla cucina.

Durante il lockdown del 2020 abbiamo sperimentato l’isolamento forzato nelle nostre case. Si era diffusa una sensazione di ansia e generale incertezza, mista – diciamocelo – anche ad una certa dose di noia. In alcuni momenti, complici gli inviti ad uscire il meno possibile e la scarsità di alcuni generi alimentari – resterà famoso l’introvabile lievito di birra! – in tanti si sono dedicati alla preparazione di pizze, dolci, biscotti e altre preparazioni casalinghe. La cucina si è rivelata non solo un antidoto alla noia, ma una vera e propria medicina, in grado di aiutare a affrontare le preoccupazioni e trasformare l’inattività in energia positiva.

Proprio a partire dal valore terapeutico della cucina, la psicologa Dora Sorrentino ha sviluppato una riflessione sulle analogie tra cucina e lavoro con risvolti utili per la vita d’ufficio, soprattutto per quanto riguarda l’approccio alle difficoltà lavorative. Ne abbiamo parlato in un’intervista video pubblicata su IGTV, nel corso della quale sono emersi spunti interessanti per tutti gli appassionati di cucina o per chi è alla ricerca di nuove sfide per questo 2022.

Dai fornelli alla scrivania: il legame tra cucina e lavoro

La cucina è una vera maestra di vita che insegna la disciplina, stimola curiosità e le funzioni cognitive. Ci fa sperimentare e ci fa mettere alla prova, ci fa mettere – letteralmente – le mani in pasta. La disciplina è sicuramente un elemento in comune tra cucina e lavoro. Basti pensare al rigore che deve avere uno chef al comando di una brigata e a quello di un manager a capo di un team di lavoro. Oltre a questo, va considerato che la cucina è un sistema di elementi in relazione tra di loro: gli ingredienti e le loro caratteristiche; la preparazione che deve avvenire seguendo un ordine procedurale ben preciso; il controllo delle corrette temperature; fino all’impiattamento e alla presentazione del piatto. La stessa organizzazione funzionale si ritrova nell’ambiente di lavoro e nella gestione dei task, dove tutti i dettagli concorrono all’esecuzione di un progetto di successo.  

Quali sono le funzioni esecutive che si possono allenare con la cucina?

Nella realizzazione di un piatto o di un dolce bisogna procedere step by step, seguire la ricetta, controllare l’andamento ed eventualmente applicare correttivi, e infine, valutare il risultato. “Bisogna processare tante informazioni, è qui che entrano in gioco le funzioni esecutive.” – ci spiega la dottoressa Sorrentino – “Le funzioni esecutive sono quelle capacità cognitive coinvolte nell’iniziazione, pianificazione, organizzazione e regolamentazione dei comportamenti per il raggiungimento di uno scopo. Lo sviluppo delle funzioni esecutive avviene durante l’infanzia, coincide con la maturazione dei lobi frontali e inizia a decadere con l’avanzare degli anni.”

Le funzioni esecutive sono impiegate sul lavoro praticamente in ogni momento. Consentono di adattarci rapidamente e in modo flessibile alle circostanze in continuo cambiamento, di affrontare nuove sfide. Eccone alcuni esempi:

  • strategie di risoluzione dei problemi (problem solving);
  • pianificazione del comportamento e autocontrollo;
  • capacità di passare rapidamente da un compito all’altro (shifting o flessibilità cognitiva);
  • mantenimento e manipolazione delle informazioni per l’esecuzione di un compito (working memory);
  • mantenimento dell’attenzione costante nel tempo;
  • capacità di spostare attenzione se necessario (ad esempio quando un collega mi fa vedere errore da modificare mentre faccio altro compito);

L’estro come valore aggiunto in cucina come sul lavoro

La ricetta potrebbe essere paragonata a un planner: uno schema ordinato che usiamo per ricordarci degli appuntamenti o delle attività da svolgere in successione. Seguendo un processo ordinato, siamo in grado anche di eseguire una valutazione e capire cosa migliorare.

Ma non finisce qui. “Non è solo tutta cognizione. Ci sono anche l’emotività, la creatività, il tocco personale, l’ingrediente segreto che rende tutto più buono. L’estro, l’originalità, l’intuito sono componenti importanti anche nel lavoro. Danno quel quid in più. Essere creativi significa, infatti, uscire dalla routine e abbracciare l’innovazione facendo leva su una mente dinamica ed elastica, capace di oltrepassare gli schemi mentali dominanti, rigidi.”

La dottoressa prosegue citando Daniel Goleman quando dice: “In un mondo che cambia così tanto scopriamo che la flessibilità, la capacità di adattarsi al cambiamento è più importante dell’esperienza stessa”.

Un approccio pratico al problem solving: la tecnica dello scalatore

Il problem solving è una competenza richiestissima nel mondo del lavoro contemporaneo, visto che gli imprevisti sono all’ordine del giorno e saperli gestire è vitale. Il problem solving è il modo di approcciarsi ad un problema, di qualunque natura esso sia, e le strategie messe in atto per arrivare alla risoluzione nella maniera più rapida ed efficiente. La dottoressa Sorrentino suggerisce di adottare una tecnica di gestione dei problemi utilizzata dagli scalatori esperti e perciò chiamata tecnica dello scalatore.

Come si approcciano gli scalatori ai problemi?  “Non pianificano il raggiungimento della vetta a partire dalla base, e non lo fanno per un motivo molto semplice: potrebbero sbagliare qualche calcolo e si troverebbero costretti a dover tornare indietro per cambiare percorso. Per evitare questo, partono invece dalla cima, che corrisponde all’obiettivo, e fanno il percorso a ritroso, costruendo la traiettoria della loro scalata. Facendo in questo modo, si fraziona il percorso fino al raggiungimento dell’obiettivo in tanti micro obiettivi, o obiettivi intermedi, che permettono di aggirare eventuali ostacoli.”

È importante avere chiaro il punto di arrivo e fissare un obiettivo. Partendo dall’immagine del successo finale, bisogna andare a ritroso aggirando gli ostacoli fino a conquistare la vetta.

E se la pasta frolla impazzisce? Come affrontare una battuta d’arresto

Cosa succede se il risultato non è quello che volevamo? Quando gli ingredienti non rispondono nel modo che avevamo programmato, quando l’impasto si sgretola, bisogna affrontare la situazione con calma e risolutezza. L’empowerment lavorativo si alimenta di esperienza, motivazione, risorse, autostima e senso di efficacia personale.

“La pasta frolla è un contenitore di ingredienti posti nella giusta proporzione. Per esempio, è importante che il burro sia a temperatura ambiente, le uova fresche, le mani non devono surriscaldare il panetto.” Anche nel lavoro sono tanti i fattori di disturbo che possono pregiudicare la buona riuscita di un progetto. Il lavoratore consapevole, però, sarà in grado di sfruttare le proprie conoscenze ed esperienze per reimpastare gli ingredienti e modellare il risultato finale a suo piacimento.

Possiamo dire che da oggi non guarderemo alla cucina più allo stesso modo. La gestualità consueta e ordinaria del cucinare contiene la chiave per un miglioramento personale e professionale. E tu sei pronto a indossare il grembiule, mettere sul piano di lavoro gli ingredienti e cominciare a creare? Ringraziamo la dottoressa Sorrentino per il suo contributo e vi invitiamo a seguire l’intervista completa sui nostri social.

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